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Anna, Silvio e la risposta di Calvino

 

 

Nel 1985, uno scambio di lettere tra due liceali di Agropoli e lo scrittore italiano. A tema, la violenza, protagonista di una traccia dell'esame di maturità. Quasi 40 anni dopo, quegli studenti sono tornati nel loro liceo per raccontarlo ai maturandi.

 

«Cari Silvio e Anna». Inizia così la lettera che Italo Calvino il 3 luglio 1985 scrive a due liceali di Agropoli in provincia di Salerno impegnati nell’esame di maturità. I ragazzi erano stati provocati dall’articolo del grande narratore pubblicato qualche giorno prima su Repubblica dal titolo: "Ma io non verrei dichiarato maturo" a commento delle tracce del tema di Italiano. A proposito del titolo sulla violenza, Calvino aveva scritto: «Speriamo che i giovani sappiano dire qualcosa d’originale, cioè darci delle spiegazioni che possano servire anche per noi, partendo dai comportamenti osservati nei loro coetanei o nella gente. Oppure meglio ancora sappiano guardare dentro sé medesimi e vedere gli impulsi violenti che ciascuno porta in sé».

 

I due studenti decidono di scrivere a Repubblica per raccontare a Calvino che cosa di originale li aveva guidati nello svolgimento della traccia sulla violenza partendo da una frase di Shakespeare citata da don Giussani ad un incontro con i maturati: «La violenza è il frutto odioso della malinconia». Ma il quotidiano pubblica la lettera omettendo il riferimento all’esperienza cristiana che stanno vivendo. Così decidono di inviare la lettera direttamente allo scrittore. Calvino risponde a stretto giro con una lettera autografa prendendo sul serio il punto di vista e l’esperienza che gli avevano raccontato.

 

Lettera autografa Italo Calvino

 

Il 21 novembre nel centenario della nascita dello scrittore, Silvio e Anna sono tornati nel loro liceo per un dialogo, voluto dalla Dirigente scolastica Anna Vassallo, con gli studenti dell’ultimo anno che affronteranno l’esame di Stato. In un’aula magna stracolma, l’incontro è iniziato con questa citazione di Calvino tratta da Il Cavaliere inesistente: «Non ci sono altri giorni che questi nostri giorni prima della tomba, per noi vivi…Che mi sia dato di non sprecarli, di non sprecare nulla di ciò che sono e di ciò che potrei essere».

 

L’incontro è avvenuto proprio nel giorno in cui tutte le scuole erano invitate ad osservare un minuto di silenzio in memoria di Giulia. La violenza, quella vera, faceva irruzione nell’Aula Magna. Ed è accaduto l’imprevisto: quel fatto tra lo scrittore e i due studenti riaccadeva con la stessa intensità, con la stessa verità capace di saper dire qualcosa di originale, cioè di andare all’origine della domanda di significato che ognuno porta con sé consapevolmente o inconsapevolmente entrando a scuola ogni mattina.

 

Silvio ha raccontato tutta la meraviglia e la sorpresa di quel giorno, nel ricevere la lettera inattesa e imprevista, anche se desiderata, dello scrittore allora al vertice della sua fama. E il contenuto della risposta così pieno di stima e di fiducia nei confronti di due ragazzi - per lui - sconosciuti. Ha provocato i ragazzi a cercare un dialogo con gli adulti, siano insegnanti, genitori, amici - anche personalità apparentemente irraggiungibili - mettendo a tema la propria esperienza che può essere sicuramente una ricchezza per tutti. Anche per gli stessi adulti che hanno bisogno di paragonarsi con i giovani.

 

I ragazzi hanno colto la novità di vivere così intensamente le circostanze della vita, persino l’esame di Stato, e si sono lanciati ponendo le questioni per loro più urgenti. «Come si fa a vivere la scuola non schiavi dell’esito?». «Come stare in classe senza essere considerato un numero?», «Come affrontare lo studio in maniera più vera?». E riferendosi all’attualità più stringente: «Come si fa a giudicare i fatti di violenza che accadono tutti i giorni, compreso la disperata vicenda dei barconi e dei morti in mare?». «E noi che cosa possiamo fare davanti a tanto male? Come possiamo vivere questi momenti?». Fino a chiedere in un dialogo serrato: «Come essere me stesso in un sistema in cui tutto sembra remare contro?». «La cosa più difficile è conoscere sé stessi. È possibile?». «Come imparare a giudicare tutto ciò che ci capita di vivere?».

 

Il dialogo con gli studenti

 

Cosa avrebbe detto Calvino? Non ci sono state risposte preconfezionate. Lo scrittore a Silvio e Anna scrisse qualcosa di grande per due giovanissimi studenti: «Alla prima occasione che avrò di parlare di questi temi - le occasioni purtroppo non mancano, anche se spesso mi tiro indietro per non buttare parole al vento - cercherò di riallacciarmi al vostro discorso».

 

C’è stata una indicazione di metodo, una regola d’oro che si può prendere proprio da un racconto di Calvino, La giornata di uno scrutatore, dove il protagonista, Amerigo, trovandosi al Cottolengo e guardando pieno di ammirazione un padre che amorevolmente accudiva il figlio gravemente disabile fa questa scoperta: «Ecco, pensò Amerigo, quei due, così come sono, sono reciprocamente necessari. E pensò: ecco, questo modo d’essere è amore. E poi. L’umano arriva dove arriva l’amore: non ha confini se non quelli che gli diamo».

 

Le domande hanno offerto l’opportunità di un suggerimento, di un invito: scorgere, a partire dallo studio, le testimonianze di autentica umanità. E poi: tenere gli occhi bene aperti, per intravedere esperienze, incontri che non censurano i nostri desideri più profondi. La lettera di Calvino finisce con parole che sono risuonate vere per tutti i ragazzi presenti all’incontro: «Apprezzo molto lo spirito della vostra ricerca di esperienza e conoscenza umana».
Negli occhi e nelle domande degli studenti si è visto che è sempre possibile incontrare qualcosa o qualcuno che ci strappi per un attimo dal nulla e ci aiuti a «cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno e farlo durare e dargli spazio» come scrisse proprio Calvino ne Le città invisibili.

 

 

Agropoli, 30/11/2023

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